Antonio Deon, Marziai, 1907

Nastro (e file) 1986/16 – lato B – 19 giugno 1986

Antonio Deon, Marziai, 1907

Trascrizione integrale in italiano. Lingua parlata: dialetto veneto, di Treviso (intervistatore); della Vallata bellunese – sinistra Piave (intervistato). L’incontro col testimone è avvenuto nei pressi della sua abitazione, vicino al vecchio “porto delle zattere” di Marziai.


ASCOLTA L'AUDIO INTEGRALE su YouTube https://youtu.be/mj8BdG0BW_o

                      

[…]  Mi ricordo meglio delle robe vecchie… 

– Oh, bravo! Allora mi dica, quando lei era piccolo, le zattere, prima dell'altra guerra, quando aveva dieci anni, nove, correvano, venivano giù?

Sarà passato giù anche dopo, qualcosa, forse, ma non più tanto, dopo la guerra mondiale. Quando hanno tirato fuori l'acqua che va per Vittorio Veneto, da quella volta hanno smesso tutte [1].

– Dove l'hanno tirata fuori, questa acqua?

Mi pare di sopra, a Ponte nelle Alpi .

– È stata quella la causa principale.

Sì. Hanno tirato fuori non so se quattro metri cubi di acqua, che va giù di là e con quello, era finita. Dopo hanno tirato fuori quella che va per lavvìa, adesso, ma prima non ce n'era lo stesso laggiù.

– Busche, è venuta dopo?

Sì, dopo, dopo; già avevano smesso, le zattere. 

– La colpa, non la colpa… la fine delle zattere è stata Vittorio Veneto.

Sì, che hanno tirato fuori l'acqua di là, hanno tirato fuori quattro metri cubi di acqua.

– Si è “asciugato” il Piave.

Calà el Piave, insomma, restà metà, o poco più.

01:05 – Mentre prima, in questa stagione qua, c'era più acqua?

Eh! Per l'amor di Dio! Altro che più acqua. Era alta l'acqua, allora!

[…]

– Potevano passare le zattere, insomma.

Sì, anche se faceva due rami, loro passavano lo stesso.

– Anche se?

Anche se faceva due rami: su tanti posti, l'acqua [del Piave] faceva due rami, perché le grave sono larghe, ma passavano lo stesso.

– Queste sono grave? Si chiamano grave?

Grave, sì. Perché noaltri, mi ricordo che si caricava su il carbone, si caricava su la legna, perché strade qua non ce n'erano.

– Non c'era neanche una strada?

C'era una stradetta. Da qua a Lentiai, niente: un sentiero per passare a piedi, solamente; e da qua a Vas si passava come in una specie di strada di campagna, passava una carrettella con un mussàtt [asino], così… 

– Si riusciva ad andare a Vas? […] Come andavate su?

Sì, si andava per questa stradetta.

– Per Scalon?

Per Scalon, sempre.

– Era una salita, Scalon.

Una salita! Adesso è tutta piana la strada, quasi. Allora si andava su e giù… un colpo andava giù fino a dentro al Piave, un colpo andava su che non si poteva passare.

02:24 – Comunque, per Lentiai, non c'erano strade.

La strada, no: è stata fatta sul tempo di guerra, che io ero bociàta, avevo dieci anni e andavo a battere ghiaia col martello sotto i tedeschi.

– Sulla strada per Lentiai.

Per Lentiai, sì: la strada era tracciata, prima della guerra, ma non fatta del tutto; tracciata sì, era tracciata.

– L'hanno fatta durante la guerra, i tedeschi.

Durante la guerra, e dopo la guerra è stata finita. 

– Piccola, però: sarebbe quella che si vede là.

Sì, sì.

– Per andare a Scalon, com'era? 

Una stradetta che passava una carretta.

– Venivano anche su dalla pianura, dalla parte di là, arrivavano anche da giù, da Vas, da Segusino?

Sì, sì… Segusino no, mi pare [...], ma io per la verità non sono mai andato per di là, perché ero bociàta, mai stato a Segusino. Ma da qua a Vas, so che mio padre e mio nonno avevano i clienti da Vas, che ci portavano la farina e venivano dentro con la carretta, con un cavallo, con la farina ancora prima della guerra.

– Ce la facevano, insomma.

Una stradàta così, un poco alla meglio.

– Una mulattiera, praticamente.

Sì, poco più, ma venivano col carro.

– Ah, si veniva, col carro... 

Col carretto sì, venivano, da Vas. Invece da Lentiai, niente, è stata fatta dopo, si passava lo stesso…

03:48 – A Scalon mi risulta che ci sia una salita grossa, che lo chiamano Scalon proprio per quello.

Ma, era […] una roccia; la scalavano per poter passare. […] Adesso è fatta più in su, adesso c'è la galleria. Prima non c'era la galleria…

– Si passava lungo il Piave, però, più in basso? 

No, no, si passava sei sette metri sopra il Piave.

– Non ho capito. Più basso della galleria di adesso…

Sì, più basso, sì. La si vede ancora adesso, quella strada là.

– C'è ancora…

C'è anche adesso, sì, c'è…

– Durante la prima guerra mondiale, le strade erano così: hanno tracciato e fatto l'altra dietro là… e le zattere, continuavano anche durante la guerra?

Eh, no, durante la guerra.

04:43 – Com'era la situazione durante la guerra?

Durante la guerra non si aveva niente da mangiare.

– Anche lei che era piccolo, non mangiava.

Eh!  Andavo con la compagnia bau – la chiamavano – sotto i tedeschi a battere col martello, a batter ghiaia. Ci davano una panettina di pane in quattro, e si faceva bastare fino a sera, e un poca di minestra. Tante volte la minestra la facevano con le téghe de cassa le si chiamava noi, càssia. [Con gli amenti di acacia]

– Sì, di robinia, dell'albero.

Fame fin che si voleva!

– Come si chiamava… compagnia Bauer?

Compagnia bau, la si chiamava.

– Bau? Perché bau?

La si chiamava compagnia bau perché si andava a lavorare, si avevano dei caporali tedeschi che ci comandavano e noi si era femmine, donne, tóse, vecie… quelli che c’erano qua, insomma.

– Quelli che erano restati qua.

Sì, si andava su, là per la strada, chi con un martelletto, chi con la pala, chi con un rastrello, per inghiaiare la strada, che si passasse… 

– Il nome preciso era “compagnia…”

Bau! eh, eh. La si chiamava noi del paese “compagnia bàu”.

– Ma era per prendere in giro, o perché era proprio il suo nome.

06:00 No, no… era per prendere in giro un po', così, abitudine nostra.

– Per scherzare un poco.

Par desténderse, insoma, eco.

– Come “par destenderse”?

Par destenderse [per sopportare meglio, distendersi] che si andava a lavorare con questa compagnia: si andava a lavorare “con la compagnia bàu”!

– E tutti quelli del paese che erano rimasti qua, lavoravano su questa “compagnia bau”.

Quando c'era da lavorare, una squadra andava verso Caorera.

– Sulla strada?

Sempre sulla strada.

– In quell'anno che siete stati sotto i tedeschi.

Un anno, sì.

– Dal '17 al '18.

Sì.

– Dai dieci agli undici anni.

Io avevo dieci anni.

– Quell'anno là, tutti hanno lavorato sulla strada … e il carbone, niente. 

Ah, niente, non ha lavorato nessuno

– I boschi come erano? Li hanno tagliati i boschi, quell'anno là? [...]

No. Hanno portato via tutto quello che c'era già fatto, i tedeschi, ma nel bosco non hanno mica lavorato tanto.

– Hanno portato via?

Quello che c'era. Il carbone che era fatto: ce n'era già di fatto carbone e l'hanno portato via. Come [hanno portato via] el (s'ciót = maiale?) per le case, per loro, il fieno. Noi si aveva 18 vacche, 17, fra grandi e piccole, si avevano due asini, si avevano 14-15 galline, si avevano 6-7 pecore, capre e siamo rimasti con una vacca, siamo rimasti. 

– Vi hanno portato via tutto, allora, i tedeschi.

Tutto, tutto.

– La signora [moglie], c'era anche lei?

Eh sì, anche lei, perché è vecchia come me.

– Era qua del paese?

Sì.

07:36 – Cosa mangiavate, allora?

Si andava a prendersi erba, dove la si trovava, qualcosa. […] Eh sì. C'era ancora mio padre che aveva nascosto un poche di tégole sotto le pannocchie.

– Era riuscito a nascondere un po' di fagioli, suo papà.

Tanti sono morti di fame!  

– Qua del paese vostro?

Eh sì.

– Proprio morti di fame.

Morti, morti di fame.

– Come sarebbe a dire “morti di fame”, cosa gli succedeva?

Perché, quando non si trova niente da mangiare, si può morire, no!

– Sì, ma cosa si vedeva?

Si vedeva che el casca, viene magro. Era la fame, non trovava da mangiare … e moriva.

[…]

– Ne conosceva anche lei qualcuno che è morto di fame?

E ne conosco, sì!

Quanti anni aveva, quello che è morto di fame?

È morto… era un prigioniero, uno che avrà avuto, non so, un trent'anni.

– Era un tedesco?

No, era italiano, lui.

08:31 – Prigioniero italiano, qua?

Qua in paese.

– Dopo la guerra, allora.

No, è morto in tempo di guerra, lui, soto i todeschi. Con la ritirata [di Caporetto] era rimasto qua, e dopo è morto di fame.

– Non del paese; gente del paese no, non è morta da fame.

Era uno del paese, sì. 

– Non era un prigioniero che veniva da fuori?

No, no, era qua del paese.

– Ah, era abitante qua!

Sì, era abitante qua, ed era rimasto qua nella ritirata. Invece di andare [avanti con gli altri soldati] era andato a casa.

– Come si chiamava?

Si chiamava Solagna Biasio.

– Biagio Solagna […] Altri che sono morti di fame?

Ah, ce ne sarà stato ancora qualcuno, ma io non posso saperlo.

– Comunque, tanta fame, di sicuro.

Ah! Tanta fame, neanche parlarne! È morto anche il povero mio nonno, ma è morto dopo, quando sono venuti gli italiani: ha mangiato subito troppo. Perché uno quando è giù, e che trova da mangiare abbastanza, si vede che muore.

– Suo nonno come si chiamava?

Antonio Deon, come me.

– È morto subito dopo, quando sono venuti gli italiani… perché, cosa ha mangiato, tanto, allora?

– Eh, perché si trovava da mangiare dappertutto, si trovava carne, si trovava pane, si trovava di tutto da mangiare, quando sono venuti gli italiani. Si trovava fin che si voleva, per amor di Dio! C'era pane da par tuti i cantói [ovunque]; qualcuno ha mangiato troppo, e così non va.

09:58 Anch'io l'ho rischiata, per dire. I militari mi hanno domandato se mi piaceva la carne grassa. Io non sapevo se era grassa o magra, oh, oh! E ho detto di sì! Mi hanno dato della carne grassa, [oca?] me ne sono liberato, ma…

– Cosa si è sentito?

Eh! Mal di stomaco, no! Io ero giù, non si poteva più digerirla, troppo forte!

– Sono stati anni brutti.

Eh, un anno brutto, sì! Un anno brutto.

– Hanno fatto malanni, questi tedeschi, non so, con le donne, le facevano del male…

Eh! Un poco di tutto!

– Hanno ammazzato gente, civili. 

No ammazzati no.

– Qualche marachella, si ricorda, cosa combinavano? Si ubriacavano, non so…    

Prima sì, si ubriacavano, appena arrivati, che trovavano vino del nostro, ma dopo del nostro non ne avevano più, neanche loro. Avevano fame anche loro. I tedeschi no, ma i ongaresi, i austriachi, avevano fame anche loro. Perché dove ci sono i militari, ho fatto anch'io la guerra, qua… dove ci sono i militari, se c'è abbondanza per i militari, anche i borghesi trovano qualcosa da mangiare. O una donna, o una ragazza, o questo o quell'altro, ma quando che gli manca anche al soldato, allora i borghesi possono morire.

11:16 – Perché gli ungheresi e gli austriaci avevano più fame dei tedeschi?

Dapprima sono arrivati i tedeschi, hanno finito la roba e sono andati via; li hanno ritirati e sono arrivati qua…

– Sono stati i tedeschi i primi a mangiare e a bere.

Sì, sì, e dopo loro sono andati in altre parti e qua sono restati sti ongaresi, tanti ce n'erano ongaresi, austriaci: avevano fame anche loro come noi. Come noi no, ma abbastanza fame anche loro.

– E voi, erba! Che erbe cercavate?

Quelle che erano migliori, nel prato, dappertutto; lumache, barbabietole… quel che si trovava.

– Barbabietole, ce n'erano di coltivate?

Eh si trovava, e poi si andava anche a rubare, per i campi, un po' di tutto.

– Chi aveva le barbabietole?

I contadini: magari per i campi c'era qualcosa, così… poco, niente.

– C'erano contadini, sì, qua nella zona?

C'erano contadini, anche noi si era contadini, per modo di dire, ma chi poteva seminare se ci avevano portato via tutto? E poi non si aveva neanche più forze di zappare i campi, perché allora non si andava con l'aratro, si andava con el sapón [la zappa]…

– Non avevate più forza… ma per andare [a lavorare] sulla strada vi toccava avere forza!

Si faceva quello che si poteva, si faceva quello che si poteva… 

12:32 – Voi, di mestiere eravate contadini?

Sì noi si era contadini. 

– Quanti campi avevate?

Non so quanti campi, se ne aveva dappertutto. Erano tre fratelli e con mio nonno fanno quattro.

– Eravate una famiglia grossa.

 Era grossetta, sì.

Quanti, in famiglia?

C’erano in tre vecchiotti e mio nonno che fa quattro, e poi tutti noi figli; il povero mio padre ne aveva cinque figli, gli altri ne avevano uno ciascuno.

– Dieci, undici, dodici persone, o di più?

No: una decina di persone, sì.

– Dov'era la casa? Questa qua, era? 

Questa qua, era la casa; mio papà è nato qua, e poi – quando hanno fatto la strada – l'hanno buttata giù. Sotto qua c'era la stalla, e case.

– Qua avevate la casa…

Qua ce n'era una casa, ma di là ce n'era un'altra casa.

– Sempre vostra?

Sempre nostra.

– Quando l'hanno buttata giù?

Quando hanno fatto la strada, adesso…

– Adesso, in questi anni qua?

Sì, sì, saranno dieci anni.

– Lì avevate la stalla, ed era vicino al porto.

13:32 - Lo chiamavano "il porto", una volta.

– Il porto, era proprio qua davanti?

Sì, si scendeva giù sulla Piave, no?

13:40 – Cosa c'era, su questo porto?

C'era il posto dove portavano la legna, e poi la caricavano sulle zattere.

– C'era un approdo, qualcosa?

No, no. C'era l'osteria, là, e una osteria era appena sotto quaggiù.

– L’osteria, questa qua in fianco.

Sì, questa era laggiù, prima, nei tempi vecchi. L'hanno portata qua dopo.

– Quando l'hanno portata su, l'osteria?

[Interviene la moglie, a richiamare l'intervistato…]

– L'osteria qua, era giù là, allora?

Sì, giù vicino al Piave.

– Ah, era proprio sulla Piave, e quando l'hanno portata su qua? 

L'hanno portata qua prima che io nascessi, o un po' dopo. Insomma sono sempre quasi 80 anni! Prima era giù, sì.

– Era qua che ballavano? 

Sì.

– Dove avevano la sala?

 Là, su, dove c'è la strada. 

– Era in una di quelle casette che hanno buttato giù.

Ma allora non se l'aveva più noialtri, era di uno che l'aveva comprata; un mio zio l'aveva venduta e l’ha comprata un suo cognato. 

– Bertuol?

Bertuol, sì.

– E prima ancora, l'osteria, di chi era?

Di Deon Antonio, ah!

Sempre vostra… 

Eh sì.

15:08 – Allora avevate osteria e campagna, eravate siori, insomma.

Sì, sì… 

[Lo trattengo: Non stia andar via, che mi racconta… altrimenti a chi domando?]

– Avevate anche malghe?

Sì.

– Dove la malga? 

Su l'Alpe!

– Marièch?

No, Mariech no: a Pian de Vedén, si chiama, e Capitel de Garda.

– Con quante vacche andavate su? Con le vostre…

Si andava su con le nostre e poi ne prendeva anche di altri. Trenta, magari; venticinque–trenta. 

– Portavate anche quelle degli altri, insomma. Andava anche lei, su in malga?

Anch'io, si capisce!  

– In che stagione andavate? [Sic!]

Si andava d'estate, po'! Perchè è a mille metri, vero… 

– Sì, ma c'era un giorno preciso per andare? 

Non so, dai primi di giugno, e stavano su tre mesi.

– Giugno, luglio, agosto: venivano giù in settembre?

Sì.

– Alla fine di settembre, o ai primi. Alla fine?

Eh, anche prima… a fine settembre, a seconda… perché là, tagliavano anche il fieno, se le capre non lo mangiavano…   […]

16:48Mi dica di questo porto… si fermavano ‘sti zatterieri…

– Erano magari tre o quattro per zattera: tiravano fuori le corde, le prendevano e venivano giù.

– Dove le legavano, le corde? 

Eh, trovavano sempre qualche albero per legarle.

– C'erano alberi sul Piave, allora? [Sic!]

Fuori del Piave, gli alberi!

– Vicino all'osteria…

Le legavano con una corda. Arrivavano magari alla sera e il giorno seguente caricavano.

– Non è che ci fossero magari delle s-ciòne (anelli di ferro), qualcosa.

No, no. Era un albero, così, secondo come trovavano.

– Erano quanti, per zattera, di solito?

Tre o quattro.

– Perché, “tre o quattro”; erano in quattro, il più delle volte?

Ma, a seconda: a volte erano in tre, a volte erano in quattro, a seconda anche loro, quando si trovavano. Perché se caricavano sopra la zattera, magari erano in quattro, sennò bastavano anche due o tre. Perché tante zattere, se non avevano carico, andavano giù vuote: trasportavano il legname delle zattere.

– A volte le zattere andavano giù solo col legname, e quando arrivavano giù le disfavano…

Gli zattieri andavano per la loro strada, venivano su col treno e là restava la zattera: la compravano, non so io chi le comprasse… perché allora io, di dieci anni… non potevo sapere tante robe.

18:15 - Qua, cosa caricavano? 

Caricavano la legna che si portava giù dalla montagna, e il carbone.


Marziai (BL), si lavora la legna a metro, vista sul Piave.
Foto di Camillo Pavan -19.6.1986
– Questo era il porto del carbone e della legna.
Carbone e legna.
- Marziai, voleva dire carbone e legna.
Qua si viveva sempre sulla legna più che sia, d'inverno. Anche d'estate, sempre con la

legna si viveva, noialtri.

– Più legna o più carbone?

Tutto il paese aveva o carbone o legna, c'erano di quelli che lavoravano di legna e quelli che lavoravano di carbone, un poco per sorte, insomma.

– La maggior parte lavorava sul carbone o sulla legna?

Sulla legna e anche sul carbone.

– Anche adesso, quella famiglia là che ha l'osteria, lavora ancora sulla legna.

Sì, adesso lavoro anch'io sulla legna, mio figlio ha il trattore. Una volta non si aveva il trattore, si andava con la slitta o a stròss [?]. Adesso invece hanno fatto la strada e vanno su col trattore.

19:23 – Insomma così, queste zattere: a Marziai si fermavano a prendere legna e carbone. […] Dove dormivano?

Sull'osteria, poh! Gli davano una camera […] ce n'erano ancora osterie una qua e una lavvìa e poi c'era quella lavvìa da Solagna. 

– Quale era “lavvìa”, un'altra osteria?

Dove c'è l'albergo adesso; c'era un'osteria anche là… ma non là. Era più in qua, ora hanno disfatto la casa… 

20:35 – L’osteria più grande, quale era?

Tutte uguali, erano, più o meno.

– Quella dove ballavano era la vostra?

Una volta sì, ma dopo quando ballavano era di Bertuol.

– Gli zattieri si fermavano a dormire…

Sì, mangiavano e dopo andavano via…

Da mangiare, cosa si preparava, di solito? Polenta e formaggio, anche loro? 

Eh, per forza…

– O qualche piatto particolare […]

Menestra e fasói, c'era, e compagnia bèla…

 – Voi cosa mangiavate, di solito?  

Noi si mangiava polenta e formaggio, quasi sempre; o latte, la sera. […]

21:32 – Come si chiamavano, quelli delle zattere? Zàtieri? 

Noialtri li si chiamava zhatèr, parola misera, qua del paese, zather.

Stavano qua alla notte e caricavano. Chi è che caricava?

I proprietari, e anche loro lavoravano.

– Quanta roba ci stava, dentro su una zattera?

 Ah, questo non posso dirglielo, no. Ci sta su tanto, lui… secondo quello che c'era; ci stavano 50 quintali, e anche di più.

– Non [c’era il rischio che la zattera si rompesse] dopo, ad andar giù lungo il Piave?  […]

Tante volte […] quella grande e quella piccola… prendevano dentro a qualche roccia.

– Come facevano quando “prendevano dentro” su una roccia… 

Recuperavano quello che potevano, poh! 

– Per discagliarsi, per venire fuori dalla roccia, come facevano?

Tiravano con le (stanghe), con le corde…

– Le stanghe… le corde… avevano un nome particolare?

No: le corde, le funi, può dire… 

22:52Come erano gli zattieri, che persone erano?

Uomini forti, uomini forti… bevevano tanta grappa, eh, eh!

– Ah, perché qua, facevate grappa, allora?

No, la compravano..

– Vino, anche, bevevano?

Anche vino, sennò non resiste ad andare sull'acqua uno che non beve forte. D'inverno, specialmente, c'è un freddo, e qualche volta andavano dentro magari nell'acqua per far scendere questa zattera. Eh, bestéme, ciò! Andare dentro nell'acqua, non erano mica scherzi… anche d'inverno. Eh, sì, uomini forti!

– Qua in paese non c'era nessuno che faceva lo zatteriere?

Qua no. C'erano sì, quelli che caricavano la merce, montavano su assieme e li aiutavano.

– E andavano fino a dove, dopo?

A […], a Fener… dove era destinata la roba.

– Fino a dove arrivava, dopo, il carico?

Dopo c'erano i paroni che compravano, che andavano giù.

– Fino a Fener?

Più giù di Fener: Cóvol, lo chiamavano. Ecco, là era il posto che, più che sia, andavano.

Là c'erano strade, c'erano questi negozianti … e le merci andavano per la loro strada.

– Il carbone…

Il carbone, la legna: quello che andava giù, insomma.

24:19 – Mentre le zattere andavano fino a dove?

Le zhàte andavano fino a là e dopo venivano disfatte anche loro: le tavole, non so io, i travi… andavano alla loro destinazione.

– Insomma, un buon porto era Covolo.

Mi pare di sì

– C'era un gran giro. Quante se ne fermavano, in un giorno, qua?

Secondo… una o due; qualche giorno anche niente. Quando è stata fatta la zattera di legna, che la facevano loro, venivano avanti, e andavano in giù.

– Si fermavano qua, solo se avevano da caricare.

Sì, altrimenti andavano per la loro strada. […]

– Quale era la stagione in cui venivano più spesso a caricare? 

Ah, tutte uguali le stagioni: quando c'era roba venivano a caricare, sennò andavano per la loro strada. […]

25:25 – D'inverno, venivano anche d'inverno.

Se c'era carbone sì, eh! Se magari su per la montagna lo tiravano giù d'inverno e lo portavano giù, lo caricavano. […]

– Anche con la legna?

Legna, ce n'era sempre legna. Quella, ce n'era sempre, tutto l'inverno.  

– Di legna c'era sempre un deposito…

Quale deposito!  Quella che facevano, facevano, e dopo, quando era fatta la vendevano. Il povero mio nonno la comprava anche lui, la comprava dai proprietari e dopo, quando aveva fatto su la quantità la metteva sulla zhàta, e poi andava giù. I miei zii, il povero mio padre: cargavano su e andavano giù anche loro.

– Non c'era una stagione principale, rispetto a un'altra, che si fermassero [i zhatèri]?

 No, no, sempre uguale. […] Loro andavano sempre. Quando lassù preparavano le zattere, poi venivano giù.

– Non c'era un mese che corressero più che negli altri.

A me pare di no… ma sa che non ci si può ricordare di tutto.

– È per quello che faccio tante domande. Vedo che comunque si ricorda, abbastanza, lei. 

Qualcosa sì.

26:48 – Com'erano vestiti, con una fascia rossa?

In gran parte sì.

– E dopo.

Vestiti normale, poh!

– Questa fascia rossa perché, l'avevano?

 Ma, come una divisa, per dire.

– Un cappello in testa?

Col cappello, o senza, ma più che sia era sempre una fascia rossa, grande.

Sono passati ancora, che saranno dieci anni o quindici: una dimostrazione. Sono passati di qua, ma una roba piccoletta.

Pavan, rivolto al figlio Mario. Sto chiedendogli delle zattere, di una volta, del porto, del carbone. […]

– Qua nel paese, carbone e legna. Marziai era il paese del carbone, più che altro.

27:45 - Sì, Marziai lo chiamano il paese dei carbonai, perché sono pochi i paesi come Marziai che lavorano nel bosco, nel carbone, come Marziai. Per dire Caorèra, che è qua a un chilometro e mezzo di distanza loro invece andavano tutti a trovar lavoro fuori, in Francia, nelle miniere, così. Invece noaltri qua …

– A Caorera avevano altre specialità.

Sì, loro andavano a fare i lavori… emigranti. Invece noaltri qua si faceva quella vita là.

– Come mai proprio qua, carbone. Forse perché c'era il porto, allora?

No, no… non andavano mica tutti a far carbone qua… andavano anche via.

Figlio Andavano via per la Jugoslavia.

– Si, qualcuno me l'ha già spiegato, ma volevo dire, come mai il paese di Marziai si è messo a far carbone? 

Mah, si vede che la tradizione è quella: i carbonai. […] Sempre da Marziai, lo stesso, tutti carbonai. Eh, siamo andati anche per l'Austria, l'ho fatto anch'io, quando avevo tre anni.

– Anche lei è andato?

Mi hanno portato!

28:55 – Non avevate la campagna e anche l'osteria.

Si aveva anche campagna, ma erano tre fratelli, e allora, capisce, non era campagna [sufficiente per tutti].

– In tutto, quanti ettari avevate?

Non so quanti ettari…

– Poca roba, insomma. 

Guardi, quando c'erano i tedeschi si aveva sempre 17 animali in stalla, e in qualche modo dovevano pur vivere.

29:25 Figlio (Mario Deon) Una volta su da quelle parti qua non c'erano piante, no: era tutto prato.

Padre Si andava a tagliarlo con la sèrla [?], con la messóra, non so voi come la chiamiate. 

– Davvero non c'erano alberi là?

Figlio No, no…

Padre Macché alberi! Vede quella casa là che adesso ha bosco fino in fondo: là faceva cento quintali di fieno.

– Come mai adesso ci sono alberi?

Figlio Perché nessuno tiene più bestie, non ci sono più le capre, non ci sono più gli animali e allora si è tutto “imboscato”.

Padre S'imbosca sempre di più. 

– Invece una volta era tutto tenuto a prato.

Padre Ah, qua era tutto prato!

Figlio Ma fino in cima!

Allora, dove andavano a far carbone?

Padre Andavano a mille metri, dove c'è il bosco del comune, il bosco dell'ospedale di Valdobbiadene… 

– Si è rimboschito tanto, qua.

Eh!

– Mi hanno detto che durante la seconda guerra…

Hanno distrutto…

– Più della prima guerra?

Sì.

– Nella prima guerra no, invece.

No, nella prima guerra no.

Pavan, rivolto alla moglie di Antonio: Adesso, glielo lascio, signora! Prima gli faccio una fotografia…

30:42 Fine.



NOTA  [1] «Con gli impianti del Piave – S. Croce, completati nel periodo dal 1920 al 1930, le acque del Piave, captate presso Soverzene a quota 390 m, sono addotte al lago di S. Croce per la regolazione stagionale e di qui a nove centrali, di cui sei disposte in serie, con intercalati vari laghi naturali per la regolazione settimanale e giornaliera: in tal modo vengono utilizzate le acque di un bacino  di complessivi 1840 km.q. La restituzione delle acque avviene a diverse quote in relazione con le utenze irrigue: l’ultimo scarico nel Livenza è a quota 13,50 m». Le dighe e le centrali elettriche del bacino del Piave, Camillo Pavan editore, Treviso, 2001, p. 35.

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