Solagna Francesco, Solagna Anna (1912)

 Nastro (e file) 1986/18a – 19 giugno 1986

Intervista a Solagna Francesco detto Ross e Solagna Anna, 1912  - Marziai (BL)

Trascrizione integrale in italiano. Lingua parlata: dialetto veneto, di Treviso (intervistatore); della Vallata bellunese – sinistra Piave (intervistati).

L’incontro coi testimoni è avvenuto a Marziai. La conversazione spesso si sovrappone; il dialetto è molto stretto, la trascrizione alquanto difficile e talvolta impossibile.


SF Solagna Francesco

SA Solagna Anna


ASCOLTA L'AUDIO INTEGRALE su YouTube https://youtu.be/bdCkGiJwn50

 

[…]

SF Perché [...], c'è l'osteria là dove c'è l'albergo; giù là ci sono campi, vigna, campicelli, di tutto…

Venivano giù sette otto zattere e buttavano fuori le corde, e noi le si prendeva. Loro facevano il giro così e mettevano giù la corda attorno a un palo oppure a un sasso, e quello e quell'altro, per fermarle, e dopo caricavano magari legna, o anche fieno…

– Anche fieno caricavano, e dopo dove lo portavano? 

SF Giù per Covolo, giù per Treviso.

– A Covolo, si fermavano, e li aiutavate anche voi bambini?

SF Uh Madonna! C'era ancora mio padre… che c'è la montagnola qua dietro e la casa è quella là dietro e là si faceva na tassa [una catasta] de stàgne …

– Di cosa?  

01:07 SF Di legna intera, legna de faghèr [faggio].

– Grossa quanto?

SF Eh, non tanto grossa perché non ci sono boschi [con legna grossa, attorno a Marziai] [… comprensione difficile, non trascrivo … ]

01:48 Pavan, rivolto ad Anna Solagna: Quando è morto suo marito?
SA Sono un pochi di anni, che è morto ma io sono andata ancora un anno da sola nel bosco, dopo che è morto lui, con le mie figlie.

– Nel bosco a fare?

SA A far legne, non a far carbone, perché allora si faceva legna, negli ultimi anni.

SF Dopo la guerra non si è più fatto carbone.

SA Ma prima della guerra…  io sono nata nel bosco!

– In che bosco è nata? 

SA Io? Sono nata dentro per Gajrak, Austria [località non identificata, forse bosniaca. La Bosnia nel 1912 faceva parte dell'impero Austro-Ungarico].

– È nata, proprio, nel bosco?  

SA Sì, nata! 

– Come si chiamava il paese? 

SA Gairak, Austria, sì. E dopo ho sempre fatto carbone, dappertutto: giù per gli Abruzzi, via per la Jugoslavia, dappertutto.

– Come si chiama lei, di preciso?  

SA Mi chiamo Solagna Anna.

– Anche lei! Ci sono tanti Solagna, Vergerio... […]

03:06 – Di che classe è? 

SA Del '12.

– Prima dell'altra guerra andava anche in Austria, con suo papà. 

SA Dappertutto.

– Come si chiamava, suo papà?

SA Solagna Osvaldo…

– In quanti eravate, in famiglia?

SA Noaltri siamo in sei.

– Non ha mai avuto problemi di salute… 

SA No. Ringraziando Dio, fino adesso sono sempre stata in ottima salute. Fino adesso.

– Portava fortuna, lavorare nel bosco!

SA Eh sennò si sarebbe morti se non era un mestiere di salute [?] perché…

– Eppure l'acqua che bevevate non era mica tanto pulita…

SA No, eh ben, l'acqua no: era alta così, la porcheria. […]

SF Nel '26 circa, io con il marito di lei, sono andato in montagna. Siamo andati negli ultimi confini della Jugoslavia.  Nel mese di giugno ha piovuto tutto il mese, non ha mai schiarito.

04:18 Non potevate fare carbone, quando pioveva così.

SA Nel minuto che smette, si lavora. Ma dopo bisogna dargli fuoco, e quando fa fuoco, se il tempo lavora bene si ricava qualcosa, se il tempo lavora male, va bruciato tutto e tutte le fatiche se ne sono andate… […]

– Si rovinava el pojat ?

SA Eh sì… 

– Succedeva

SA Succedeva, sì. Perché alle volte … una settimana, due, e fuori di notte, e fuori il giorno… [?]

Pavan, rivolto a SF – Diceva, in quel '26 là… 

SF Non ho mai levato le scarpe, mai cambiato, sotto la pioggia, sempre lavorare… e per la paura che il padrone (ci rimproverasse?…) […] là in cucina avanti che viene da Trieste il treno… i ragazzi non fanno altro che mangiare el griss, che c'era el griss, allora, non la farina.

SA Sì, ma … e trovarlo!  

– Cos'era? 

SA Era grossa, la farina… perché non c'era altro che polenta e formaggio…  

05:28 –  Ma che farina era, il “gris”?

SA Griss sarebbe come, per spiegarle in breve, sarebbe come quando è macinato, sarebbe come la crosta del granellino del granoturco: veniva fuori grosso.

SF In Jugoslavia facevano anche loro la polenta, ma loro facevano la polenta grande nella calièra e poi friggevano una padella di lardo e la buttavano dentro e la condivano.

SA E noi, perché si era più stupidi…

SF E dopo loro, non facevano come noi, mangiare uno per uno: loro avevano tutti il loro cucchiaio e tutti mangiavano là, nella calièra, così, tutti attorno.

– Voi no che non facevate così… 

SA Noaltri no, ma perché noialtri si era più stupidi: loro la mangiavano condita e noi (…)

SF Loro (in Jugoslavia) facevano traversine della ferrovia. Facevano traversine, avevano i segàt, tiravano col segón su e giù…

SA Ho tirato anch'io col segon, quassù … 

SF Allora, per la paura che il padrone dicesse che ci mandava via… dove andremo, se ci mandano via, cosa facciamo?... Si mangiava il ghiaccio. Andavo giù un poco per una scaletta […] andavo io, perché lei non era capace… con la zappa a zappare il ghiaccio e metterlo sul sacco e si mangiava il ghiaccio a mezzogiorno.

06:54 – C'era il ghiaccio ancora in giugno?

SA Sì, sì (…)

– Andavate giù in grotta, allora!

SF Giù per la roccia, giù per la roccia…

SA Eh… mi è toccato tante volte anche a me.

– Perché andavate giù per la roccia? 

SA Perché bisognava andare a trovare la neve, il ghiaccio, per avere l'acqua…

SF Se per caso scivoli, vroom, si va giù… [sprofondi e non c'è] nessuna vena d'aria.

07:23 – Come si chiamava quel paese, di preciso?

SF Si andava a Zàbice; Villa Nevoso, Zabice e dopo si andava su a  […]  e dopo si passava dentro i confini... 

Il posto dove andavate giù a prendere il ghiaccio, come si chiamava?

SF Muso bianco biela scala; e quel tedesco, quello slavo, là… ha detto: «Sapete perché si chiama “Muso bianco biela scala”? Perché questo monte non resta mai senza neve». E noi si mangiava la neve.

08:04 SA Se adesso facessero quella vita che una volta noi facevamo un mese… adesso la facessero una giornata sola in un mese... muoiono tutti, la gioventù!

SF Tutti muoiono! Senza mai cambiarsi, mai cavà le scarpe…

SA Sporchi, rotti. Sembrava, a lavarsi un pochino il viso, sembrava di essere come i principi di adesso…Maria!  

SF Nel '33, mi ricordo, nel '33 abbiamo fatto il caffè. 

– Per la prima volta? 

SF Sì, nel '33, mi ricordo…

– Come, “ha fatto il caffè”?

SF Caffè: era estratto–cicoria.

SA Erano quei tubetti…

SF Non caffè. Mia madre […] mi ha dato un pezzetto di cicoria e estratto, legato con uno straccetto; se per caso ti fa male la pancia, ha detto, aprilo e fai il caffè.

SA È vero…

09:08 SF Alla fine – ormai si aspettavano i sacchi, alla fine ormai del pojat, prima di venire a casa – allora, per non portare a casa ancora quello straccetto là, ho detto a mio fratello: «Vieni, facciamo il caffè…  metti su una pentola di ferro piena di ghiaccio». Quando ha bollito abbiamo buttato dentro questo  pochino di cicoria estratto. Nel '33.

SA Eh, no… a vedere quello che abbiamo passato noi, non crederebbero mica, non crederebbero! Io stessa, quando ci penso, con tutto quello che ho provato, mi faccio meraviglia di essere ancora qua, di avere la salute. Mi faccio meraviglia io, da me sola. E poi lo dicono tutti, qua: siamo di ferro! 

– Di che classe è, ha detto?  

SA Del ‘12.  

– Ah, del ‘12. E ne ha… 

SA Settantaquattro. Ma con tutto quello che ho passato, mamma mia!   

– Una donna lavorava, faceva più fatica, dentro là…

SA Lavoravo tanto io quanto un uomo, uguale. 

10:14 Quando aveva figli, quando si è sposata, continuava a lavorare?

SA Sempre! E un po' di più… 

Come faceva, quando aveva figli piccoli?

SA Eh… metterli là, poh! Dove capitava. Tenerli su, … dargli da mangiare e dopo buttarli là per terra e lavorare! Quando è nata la seconda figlia, non aveva neppure otto giorni quando sono andata fuori per il bosco a lavorare.  

– È nata sul bosco, allora, sua figlia!

SA Tutte le mie figlie sono nate sul bosco… e anch’io.

SF E io anche.

– E chi l'aiutava?

SA Nessuno. 

– Lei da sola, ha partorito?

SA Io, da sola… 

– Non c'era neanche una donna?

SA Una donna c'era…

– Che l'aiutava, che le faceva compagnia?

SA Sì, una donna, e basta.

– Chi era?

SA Una, qua del paese. 

– Ah, veniva assieme…  

SA No, era là a lavorare e veniva là, quando era il momento, e basta.

– Veniva ad aiutarla, un attimo, così.

SA E basta.

– Sapeva che lei stava per partorire, non che fosse un’ostetrica.

SA No! Macché neanche parlare di quelle robe là, da me non veniva nessuno!

– Arrangiarsi! E lavorare… 

SA [Scoppia in una risata…] Eh, bisognava. Se si voleva mangiare, bisognava lavorare!

– E prima, quando era incinta…  

SA Sempre, fino all'ultimo minuto.   

SF Eh sì!

SA Anche con mio figlio: ho lavorato fino a mezzogiorno, e alle due era nato!


ZATTERE A MARZIAI 


11:32 SA Quando le caricavano e andavano giù di qua con la legna, le caricavano quaggiù.  

– Mi diceva che aveva preparato le “cose” di legna lunghe […] me lo stava raccontando prima, si ricorda?

SA a SF : Sai che preparavi “le legne”.

SF Si faceva anche (…) fascine, ma [anche?...] le stàgne..  

– Ecco, le stagne, sì.

SF Stagne, noi chiamavamo stagne la legna alta, in piedi.

– Quanto lunga era? Quattro metri, tre?

SF Eh, conforme il bosco, si tagliavano le più belle grosse… […]  

– Dove le portavate, dopo? Giù nel porto?  

SF Noaltri, se ce n'era da fare in cima, là… e dopo le se paréa dó [si spingeva giù].

– Con cosa le trasportavate fino a lì?  

SF Fin là, le si tirava con la corda, sulla spalla, così, tirate tutte.   

– Sempre a spalla? […] Non buttarle giù? 

 SA + SF No, no… 

SA Non c'erano mica ancora né trattore né macchine, allora…   

– Le tiravate giù…  

SF Tirarle a spalle!

12:49 Uno tirava una stagna, o due?

SF Conforme, perché […]  

SA A seconda del momento che c'era… (…)

SF E la fascina si metteva […] con una “sacca” davanti e una dietro.

– Le fascine di cosa erano?

SF Di ramàda, no! Legna, di rami […] Io l’ho fatto, dopo che mi sono sposato, vede… da lassù, quelle crode lassù.  

– Come si chiamano, quelle montagne?

SF Livanèl [?], Col de Tùche. Ho fatto tredici fascine e portate là dentro, vede quella forcelletta, là dentro. E poi, da lassù, con tre fascine alla volta, da là … tre e tre sei e tre nove… quattro e quattro otto e quattro dodici… quattro fascine, là. Venir giù, ma grandi… venir giù. Tre viaggi ho fatto tra qua e lassù e dodici viaggi, tutti con una fascina. 

14:07 – Ecco, restiamo alle zattere: mi diceva che li aiutavate a… 

SF Le zhàte, sì… avevano il mantello, due davanti e due dietro. Allora … tutto un coro, tutta una bestemmia… buttavano fuori la corda… 

– Tiravano bestemmie, insomma, a tutto spiano… 

SF Uhh! Venivano giù, sudati, i zhatèr. Noi si prendeva la corda e poi ci si sforzava di tenerla e di metterla sotto i sassi […]  fracàr tutti i sassi, intanto che la zattera faceva così…

– Che si girava…

SF Si girava, tanto è il davanti che il didietro, eh… 

– Perché doveva girarsi, allora? 

SF Perché così si fermava… e veniva dentro così… vru…vru… vruuum…  dentro con le taje, le taje legate… [così] si fermava.  

15:12 – Non c'era un pontile, dove si potevano legare le corde? Le corde della zattera, le legavate su un palo, in qualche parte, o no?

SF Si mettevano, si tenevano, a un palo messo giù così [a mo' di àncora, a quanto capisco], a un palo in terra, e poi fargli il giro là e poi dopo sassi, sassi, sassi …

– Non c'era un albero, che si legasse attorno a un albero

SF No, no… tutti sassi, tutti sassi…

– E neanche un pontile.   

SF Tutti sassi…  

– Sul porto, non c'era niente, insomma. 

SF Niente, no. Il Piave, come è adesso, così.

– Non c'era un pezzo di cemento, qualcosa, delle scale…   

SA+SF No, no, no…

SF […] Bisogna che lei porti dentro… sono tutte “tàje”… 

– Erano legate con le “sàche”, anche quelle… 

SF Con le sàche, con le zimònie. La zimònia è un'altra qualità. Uno è fagher o [?] … la zimònia è più forte! 

Venivano dentro così. Questa è la Piave: venivano dentro qua… 

16:19 – Zimònia, che pianta sarebbe, in italiano?  

SF Eh… le zimònie … le si trova dappertutto…   

SA È una pianta…

SF Fanno le gerle… e poi fanno […]

– Va bene, va bene, zimonia.  E dopo, su queste zattere, cosa caricavate? Carbone, legna?  

SA Tutto.

SF Sì, tutto quello che c'era… 

– Anche fieno? Anche altre robe?  

SF Sì.

– Quali altre robe? 

SA Tutto quello che capitava…

– Anche le bestie, mettiamo… 

SA Eh, se c'erano bestie, caricavano anche le bestie… loro, ma che non ce n'erano. 

– Anche persone, andavano giù, a volte?

SF Montavano su, per andare in giù…

[…]

17:07 – Si fermavano qua a dormire di notte, i zathèri?   […]

SA Preparavano tutta la loro roba, e dopo partivano.

– Ma arrivavano alla mattina, alla sera, a che ora arrivavano? […] Non c'erano ore...

SF Eh… perché venivano giù alla mattina da lassù, e quaggiù prima di mezzogiorno si caricava…

– Mi diceva Antonio Deon, che si fermavano anche a dormire, nell'osteria… 

SA Magari laggiù, basso là…

SF Qualcheduno, forse… ma sennò, quando partivano, andavano.

17:50 Una volta è montato me barba, mio zio, fratello di mia madre, che abitava in quella casa là e andava fòra par qua: lo chiamavano el fondacón, …  dentro alla valle, là dal Fontanèl. 

Al fondacon c’è come della melma e avevano caricato tutti i bagagli, loro che stavano andando dentro per la Bosnia per fare carbone… Eh sì… orco! Ha calato, ha calato, ha calato… e la zattera stava andando sott'acqua. Allora, pronti, i zathèr… butta fuori tutti i bagagli, butta fuori tutto, sulle grave, così, élo vera?,  perché oramai stava affondando. Butta fuori tutto, anche loro, e tutti… e intanto hanno (…) tirato fuori, con una … corda, così, e così, finché ha “preso acqua”, [l’hanno portata] un pél più avanti, aiutandola con i mantèi … [e] l'hanno spinta fuori dalla melma del fondacón. Dopo sono tornati a ricaricare tutta la roba, hanno ripreso la Piave e sono andati giù.

19:19 – Perché qualche volta anche quelli del carbone, montavano sulla zattera per iniziare il viaggio.

SF Andavano dentro per la Bosnia…

– Dovevano andare in Bosnia… e scendevano dove? 

SF Smontavano qua a Covolo, o giù per Treviso, non so, non sono mai andato io.  

SA Giù per Venezia, anche, andavano.

– Eh, a Venezia, può darsi. […] Questo era ancora con suo nonno, questo qua che è successo, o suo papà?

SF Mio zio: quella volta che le ho raccontato era mio zio, Domenico. Era il fratello della povera mia madre. E altri anche, ce n'erano, ma non mi ricordo più, di preciso.

– Quante zattere passavano? Ce n'erano tante che passavano?

SF Ah! Anche otto, ne venivano giù.

– Al giorno?

SF Sì, sì…

– Otto attaccate o una di seguito all'altra?

SF Una avanti, una giù, una più in giù … ma se ne vedevano andar giù per la Piave.

– Non tutte si fermavano…  

SF No!

– Qualcheduna si fermava.

SF Quelle che caricavano…

[...]

SF O andavano magari a caricare a Caorera.

– Si fermavano anche a Caorera? C'era un porto anche a Caorera?

SF Un porto… no.

– Si fermavano o no, a Caorera?

SF Io dico che si fermavano anche a Caorera, ma quaggiù… era dove che si fermavano sempre.

SA Era quaggiù da noi, che caricavano di più … Per sapere tante robe così – mi scusi, ma io non sono capace fare a meno – bisogna che… [fine improvvisa della registrazione …]


Fine della trascrizione originale: 13 luglio 2006 - Fine della preparazione per il blog: sabato 13 novembre 2021


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